martedì 4 settembre 2012

La Fleboclisi


La fleboclisi consiste nella somministrazione per via parenterale venosa di una quantità notevole (almeno 100 ml) di una soluzione contenente sali, sostanze nutritive o farmaci; questa tecnica viene impiegata soprattutto in primo soccorso.

Scopo della fleboclisi

La scelta della somministrazione di una fleboclisi è di solito determinata da uno dei seguenti fattori:

Il volume totale del liquido

Se si vuole somministrare un notevole volume di liquido, tale da non consentire la somministrazione per altre vie parenterali (ad esempio, intramuscolare). Questo capita ogni volta che il liquido somministrato non rappresenta unicamente un veicolo per mantenere in soluzione un principio attivo, ma è importante di per sè; ad esempio in un paziente che non è in grado di alimentarsi e di bere, l’apporto idrico quotidiano è importante per impedire la disidratazione. La fleboclisi si rivela insostituibile in questi casi, in quanto permette di introdurre direttamente in circolo i liquidi che si desidera infondere, “”saltando”" le barriere di assorbimento dell’apparato digerente o di altri tessuti.

Perdite di sangue

Quando necessita una rapida reintegrazione del volume ematico, che è divenuto troppo ridotto in seguito ad un fatto acuto (emorragia, perdita massiva di liquidi tramite l’apparato digerente, ustioni diffuse, etc.), la fleboclisi è preziosa perché consente l’infusione rapida di volumi notevoli liquidi, che possono essere semplici espansori del plasma (destrano, etc.) oppure essere anche costituiti da derivati ematici, o da sangue intero.

Somministrazione di farmaci irritanti

Quando il medicamento che si vuole somministrare è particolarmente irritante per i tessuti, l’assunzione per via enterale è di solito sconsigliabile a causa dei possibili effetti nocivi sulla mucosa gastrica; e la somministrazione per via intramuscolare determina la comparsa di fenomeni infiammatori locali, con dolore e possibile tendenza alla suppurazione. Il farmaco viene invece diluito fortemente in un grande volume di soluzione adeguata (fisiologica, glucosata, Ringer-lattato, etc.) ed infusa per fleboclisi. Entrando immediatamente e direttamente in circolo, la sostanza non provoca fenomeni di intolleranza locale; il sito dell’iniezione è relativamente protetto dalla notevole diluizione, che diviene ancora maggiore non appena il farmaco entra nel circolo venoso.

Regolazione della dose del farmaco

Se è necessario uno stretto e costante monitoraggio della quantità di farmaco da infondere, regolabile immediatamente a seconda delle risposte della somministrazione per fleboclisi “”goccia a goccia”" consente un controllo precisissimo della quantità di farmaco che si somministra. É infatti possibile calcolare con precisione il contenuto di principio attivo di ogni goccia e regolare con molta accuratezza il numero di gocce che viene infuso ogni minuto, determinando così la quantità di farmaco somministrato nell’unità di tempo. Un farmaco pressorio, per esempio, può essere facilmente infuso ad un ritmo graduabile sulla risposta pressoria dell’organismo; non si rischia di sovraccaricare il paziente con un farmaco che, utile in piccole dosi, può risultare dannoso a dosi alte. É importante notare la grande differenza esistente, da questo punto di vista, fra la somministrazione endovenosa e la somministrazione intramuscolare. Il farmaco iniettato in vena esercita la sua azione immediatamente; se si procede ad una iniezione lenta, come nella fleboclisi goccia a goccia, è possibile modulare la somministrazione sulla risposta immediata. Nella somministrazione intramuscolare deve intercorrere un certo tempo fra la iniezione e l’inizio dell’effetto farmacologico; quando tale effetto inizia, il farmaco è comunque stato tutto deposto nel tessuto muscolare e non può venirne più allontanato. L’assorbimento diviene quindi irreversibile; la somministrazione per via venosa dei farmaci, da questo punto di vista, è assai più sicura.

Procedura della fleboclisi

Per eseguire una fleboclisi è necessaria una minima attrezzatura. La soluzione da infondere va preparata al momento di iniziare l’infusione, per evitare possibili contaminazioni batteriche. Sono disponibili in commercio confezioni da 500 o 250 cc di soluzioni “”di base”" standard, fra le quali le più usate sono la soluzione fisiologica, la soluzione di Ringer, la glucosata al 5 A tali soluzioni vanno aggiunte, con tecnica sterile, le sostanze che si desidera infondere (antibiotici, farmaci di vario tipo). Le soluzioni dei farmaci vanno preparate anch’esse al momento, usando il solvente apposito e fornito con il farmaco stesso; vanno poi aggiunti alla soluzione di base per mezzo di una siringa. La vena scelta per la fleboclisi di solito si trova su un braccio del paziente. É bene cercare, se possibile, di evitare di inserire l’ago della fleboclisi alla piega del gomito, in quanto la presenza dell’ago in tale sede limita molto le possibilità di movimento del paziente; dato che solitamente una fleboclisi dura molto a lungo (almeno una-due ore) è importante cercare di salvaguardare la comodità del malato. Si sceglierà una delle vene dell’avambraccio, pungendola un poco al disotto della piega del gomito; in tal modo il paziente sarà libero di piegare il braccio senza problemi per leggere, muoversi nel letto, etc. La puntura della vena viene quasi universalmente eseguita utilizzando appositi aghetti sottili dotati di due alette per afferrarli e manovrarli durante l’inserimento, collegati ad un tubicino di diametro standardizzato per potersi connettere facilmente con il tubo della fleboclisi, anch’esso di misura standard. Data la loro forma particolare, che grazie alla presenza delle due alette ricorda un poco una farfalla, tali aghetti sono noti come “”butterfly”". Scelto il punto dove si desidera inserire l’ago, si procede a legare il laccio emostatico al di sopra del gomito (abbastanza stretto da impedire il deflusso venoso, ma non tanto serrato da impedire l’afflusso arterioso) per far gonfiare la vena prescelta. Si disinfetta accuratamente e si punge la vena tenendo il butterfly per le due alette; l’avvenuta entrata in vena è confermata dal deflusso di sangue in una breve porzione del tubicino trasparente, che per ora rimane chiuso all’estremità dal tappino apposito. Si fissa il butterfly alla pelle con un pezzetto di cerotto, in modo da traumatizzare la vena il meno possibile con inutili movimenti dell’ago al suo interno. Naturalmente, se non si ha a disposizione un ago tipo butterfly, è possibile pungere la vena con un comune ago per iniezioni, possibilmente di calibro medio. Se si usa un ago comune, è necessaria una maggiore abilità, per non traumatizzare la vena; inoltre, mentre con il butterfly è possibile pungere anche le vene a decorso meno rettilineo, come le vene del dorso della mano o del dorso dell’avambraccio, usando un ago comune la scelta è quasi sempre limitata alle vene della piega del gomito. Prima di pungere queste vene è necessario farle risaltare il più possibile: si pone il laccio emostatico come sopra descritto, quindi, se una vena non appare chiaramente sporgente, si toglie il laccio e si chiede al paziente di lasciar pendere il braccio per qualche minuto dal piano del letto, in modo da provocare una stasi di sangue nei vasi venosi e farli così dilatare. Quindi si rimette il laccio e si dice al paziente di stringere con forza la mano a pugno, in modo da “”pompare”" il sangue nelle vene con questo movimento. Infine, si può fare una frizione energica con il pugno nella parte anteriore dell’avambraccio, dal basso verso l’alto, in modo da spingere verso il laccio la maggior quantità possibile di sangue. A questo punto, dopo aver disinfettata la zona, sempre con un movimento dal basso verso l’alto si sceglie la vena più sporgente e rettilinea: con la mano sinistra si afferra il braccio del paziente, che si fissa fra le ultime tre dita e il pollice, mentre con l’indice si preme la vena sotto il punto scelto per effettuare l’iniezione, in modo da tenerla ben ferma. Quindi si può pungere la vena psia libero: si fa allora penetrare lentamente l’ago lungo l’asse del vaso per un paio di centimetri, fermandosi e arretrando di poco se si avverte una resistenza: quindi si tira indietro il pistone della siringa; se si aspira del sangue, si è certi di essere nella vena. Nel frattempo la bottiglia contenente la soluzione da perfondere sarà stata posta su di una “”pianta”" (sostegno metallico per fleboclisi) con il collo rivolto verso il basso; la membrana di gomma che la chiude sarà stata attraversata dalla parte appuntita del raccordo deflussore, consistente in un apparecchietto monouso che serve a controllare la caduta delle gocce e in un lungo tubicino di plastica trasparente. Si lascerà scorrere un po’ del liquido contenuto nella fleboclisi per scacciare l’aria dall’intero tubicino del deflussore. 
A questo punto si può procedere a collegare il deflussore con il tubetto del butterfly, avendo l’accortezza di rimuovere il laccio prima di iniziare la perfusione vera e propria per dare libero accesso al sistema vasale al liquido che deve essere iniettato all’interno delle vene. L’inizio vero e proprio della perfusione avviene quando viene aperto il “”rubinetto”" posto sul tubetto del deflussore, che consiste in una piastrina metallica piegata in due per il lungo e poi trasversalmente, che con la sua angolatura rende più o meno veloce la caduta del liquido dalla bottiglia alla vena del paziente. L’infusione avviene sotto la spinta idrostatica esercitata dal liquido contenuto nella bottiglia per l’altezza alla quale è posto, sulla pianta della fleboclisi; se la bottiglia è posta troppo in basso rispetto all’altezza del punti d’infusione il passaggio del liquido cessa perché la pressione venosa eguaglia o supera la pressione esercitata dal liquido. La correttezza dell’inserimento dell’ago in vena viene confermata dalla facilità con la quale il liquido defluisce. In caso la fleboclisi si “”fermi”" occorre verificare che la bottiglia non sia troppo bassa; controllato ciò, che l’ago non sia fuori vena o che non sia posto ad una angolazione tale da andare ad occludersi toccando la parete interna della vena. In questo caso di s o è sufficiente cambiarne leggermente la posizione.